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Alla scoperta dei capolavori di Brera




“Un museo è un luogo di impegno, non di evasione o di isolamento o di separazione, per rendere l’uomo libero in quanto informato. Si cerchi dunque in ogni modo di far intervenire il museo in tutte le attività culturali dell’ambiente in cui funziona: non come sede di contemplazione o studio della tradizione, ma come luogo in cui si costruisce e si vive lo sviluppo della realtà contemporanea. Per questo si chiamino a svolgere l’attività didattica, la lettura delle diverse collezioni, non soltanto degli esperti della materia, ma gli storici e i conoscitori di altre discipline”.
Questa la frase di Franco Russoli, direttore della pinacoteca di Brera dal 1973 al 1977, che accoglie i visitatori all’ingresso del museo anticipando già cosa la pinacoteca voglia offrire. Infatti non si tratta solo di una semplice visita tra i quadri di vecchi autori, ma un vero e proprio viaggio alla scoperta di opere ed artisti che hanno cambiato la storia dell’arte e che l’hanno resa ciò che oggi è. Qui non sono i singoli dipinti ad essere fondamentali, ma quel che dicono, come il museo vede se stesso e la propria missione.
Inaugurata ufficialmente il 15 agosto del 1809, nel giorno del compleanno di Napoleone, la pinacoteca costituiva già prima un corpus destinato alla formazione degli studenti, a fianco dell’Accademia di Belle Arti voluta da Maria Teresa D’Austria. Sarà poi con Napoleone e l’istituzione di Milano come capitale del Regno Italico che qui confluiranno opere provenienti da tutti i territori conquistati dalle armate francesi, alcune delle quali di carattere sacro e spirituale, che conferiscono una fisionomia certamente particolare al museo.
Nel cortile d’onore del palazzo troviamo un’imponente statua di bronzo di Napoleone come Marte pacificatore. La monumentale opera in bronzo, alta
3 metri, fu commissionata nel 1807 a Canova da Eugenio di Beauharnais, vicerè d’Italia. La fusione fu realizzata nella città di Roma e nel 1812 giunse a Milano trasportata su un carro costruito appositamente. Per ordine del viceré fu posta nel cortile del Palazzo del Senato, in attesa che gli accademici indicassero la migliore collocazione. La nudità della statua, infatti, destava molte perplessità, perché non era ritenuta adeguata ad un luogo pubblico, né a una piazza poiché inusuale a Milano. D’altra parte anche lo stesso Bonaparte non aveva apprezzato la scultura che Canova aveva scolpito raffigurandolo come Marte pacificatore, idealizzato nella “nudità eroica” delle raffigurazioni antiche che lo assimilava ad una divinità o a un imperatore romano; al contrario Napoleone avrebbe preferito essere ritratto nelle sue vesti contemporanee di militare o comunque di uomo politico.
Entrando nel vero e proprio cuore del museo, si apre una fiabesca visione di reperti che ci permettono di fare un tuffo nel passato. La particolarità che caratterizza anche questo museo è la cura con la quale sono conservate le opere. I colori vivaci dovuti ai recenti restauri incrementano la bellezza della visita.
Fra i quadri più caratteristici troviamo sicuramente, in una delle tante sale dedicate, La Sacra Conversazione di Piero della Francesca. In questa sala, volutamente sobria, si trova uno dei capolavori simbolo della pinacoteca. Nell’opera la Madonna tiene sulle ginocchia il bambino ed è attorniata da angeli e santi. Davanti a loro si trova il committente dell’opera, Federico di Montefeltro Duca di Urbino, inginocchiato di profilo per nascondere il volto sfigurato a causa della perdita dell’occhio destro. Piero della Francesca evidenzia in maniera
esaustiva il concetto di prospettiva; la totale assenza di movimento da parte delle figure e la purezza dell’architettura rendono l’immagine, apparentemente semplice, ricca di significati: l’uovo di struzzo appeso ad una conchiglia del catino absidale che allude all’Immacolata Concezione ma rimanda anche allo stemma dei Montefeltro, il sonno del bambino che prelude il sonno della morte, la collana di corallo che il bambino porta al collo che simboleggia la passione. Una curiosità è che al centro di questa sala si può ammirare una lampada particolare. Si tratta di un sottile filo di acciaio inossidabile alla quale è sospeso un ovale in vetro soffiato: è la lampada Brera, che rimanda inequivocabilmente all’uovo presente nel dipinto.
Nella Cena in Emmaus, dell’episodio del vangelo di Luca, Caravaggio rappresenta
principalmente la reazione psicologica dei due discepoli di Gesù che, ancora sconvolti dal tragico evento della crocifissione di questo, incontrano un povero viandante lungo la strada. Si trovano nella locanda di Emmaus. Allo spezzare del pane riconosceranno il Cristo Risorto, prima che questo scompaia dalla loro vista. Sono ben evidenti la sorpresa e l’incredulità espresse dai gesti istintivi che rappresentano l’intensità dell’emozione. L’oste è incuriosito mentre la donna rimane inconsapevolmente testimone dell’evento. Sulla tavola della stanza in penombra compaiono solo pochi oggetti, fra cui si riconoscono la brocca e un
bicchiere di vino rosso, allusione all'eucaristia. Utilizzata in modo magistrale, la luce colpisce figure e oggetti, illuminando i punti salienti della scena per attirare la nostra attenzione. Unica opera di Caravaggio presente in pinacoteca, si tratta della seconda versione dell’opera, dove si accentuano la drammaticità e dove viene inserita la figura della donna, non presente nel dipinto di analogo soggetto, conservato a Londra.
Oltre allo Sposalizio della Vergine di Raffaello, la Pala dei tre arcangeli di Marco
d’Oggiono, la Predica di San Marco ad Alessandria d’Egitto dei fratelli Bellini e il famoso Cristo morto di Mantegna, ritroviamo l’autore di quadri dall’importanza immensa e che hanno segnato la storia del Romanticismo come il Bacio di Hayez. Francesco Hayez infatti consolida la sua fama con l’illustre bacio politico che simboleggia la libertà e l’amore romantico che vince sui dogmi della società. Il quadro infatti stimola il senso patriottico, ponendo come soggetti dell’opera la Francia e L’Italia in lotta per l’indipendenza. La fama del quadro è così estesa che lo porterà a svolgere ben tre ulteriori repliche che finiranno poi successivamente in collezioni private. 
Il dipinto che però ha colpito la mia curiosità e mi ha piacevolmente meravigliata è la Malinconia, sempre di Hayez. Sullo sfondo di un muro completamente spoglio, figura una donna assorta e con gli occhi arrossati dal pianto. Si trova adagiata ad un davanzale, con un delicato abito di raso color grigio-celeste e accanto a lei figura un vaso di fiori di natura morta. Nonostante i colori vivaci, alcuni di essi sono appassiti e sembrano richiamare l’espressione malinconica e triste della fanciulla, mentre i petali caduti ci ricordano la caducità delle cose. Quadro ricco
di elementi caratteristici, pare trasmettere allo spettatore le emozioni che la donna prova e questo sentimento di malinconia pervade il pubblico e lo rende partecipe della situazione.
Insomma, la Pinacoteca di Brera è certamente uno dei luoghi simbolo dell’Italia e di Milano e un luogo da visitare almeno una volta nella vita. I quadri trasportano il visitatore in un viaggio lungo la storia dell’arte e trasmettono emozioni uniche come solo lavori di tale fama possono fare.


G. G. M. 1 A CLA

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