Il personaggio di Teddy rappresenta emblematicamente questo meccanismo. Incapace di accettare che la malattia della madre possa essere stata causata semplicemente da cattiveria e indifferenza umana, egli elabora una spiegazione alternativa, attribuendo le responsabilità a una presenza aliena. Tale costruzione mentale gli consente di trasformare una vicenda personale dolorosa in un conflitto più ampio, quasi epico. In questo modo, la sua sofferenza appare giustificata e inserita in una narrazione eroica: non è più un ragazzo impotente, ma un presunto “prescelto” che agisce per la difesa dell’umanità. Il film evidenzia così come la mente umana sia incline a mitizzare il dolore pur di renderlo sopportabile.
Anche Michelle incarna una forma di autoinganno. Ella si rifugia nel proprio ruolo professionale, convincendosi di contribuire al miglioramento della specie umana. Questa convinzione le offre uno scopo e un’identità, proteggendola dal vuoto esistenziale. Tuttavia, la sua percezione si incrina quando comprende che gli esseri umani non stanno affatto evolvendo e che, al contrario, è lei ad assorbire la loro meschinità e crudeltà. La consapevolezza della realtà priva il suo agire di significato, obbligandola ad affrontare l’insensatezza della condizione umana. Il distacco emotivo che in precedenza la preservava risulta così inefficace.
L’apparato sonoro del film contribuisce in modo significativo alla costruzione del discorso tematico. La colonna sonora presenta toni solenni ed epici, tipici della fantascienza, ma viene accostata a scene quotidiane e ordinarie. Tale scelta produce un effetto straniante: ciò che per Teddy ha una valenza eroica appare, agli occhi dello spettatore, ironicamente sproporzionato. Analogamente, le inquadrature ampie che mostrano Teddy mentre percorre in bicicletta strade deserte come se fosse in missione enfatizzano la distanza tra la realtà dei fatti e la percezione illusoria del protagonista.
Il finale, spesso oggetto di discussione per la sua natura ambigua e controversa, completa la riflessione proposta dal film. Bugonia mostra come la conoscenza della verità non garantisca né salvezza né sollievo. La rivelazione dei fatti non modifica la condizione esistenziale dei personaggi e non offre alcuna consolazione. L’universo, infatti, procede indifferente, indipendentemente dalle narrazioni che gli esseri umani costruiscono per attribuirgli un senso.
In conclusione, Bugonia si configura come un’opera che utilizza il linguaggio fantascientifico per indagare questioni di natura filosofica ed esistenziale. Il film invita lo spettatore a riflettere sulla necessità umana di creare spiegazioni armoniche e finalistiche per affrontare il dolore, pur sapendo che tali costruzioni sono spesso illusioni. Si tratta di un’indagine lucidissima sulla fragilità emotiva dell’uomo e sulla funzione psicologica del mito nella nostra percezione della realtà.
Nicole Bruder
3B Liceo Classico
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