Oliviero Toscani, nato a Milano nel 1942, è stato uno dei fotografi più influenti e controversi del panorama internazionale. La sua carriera, che ha spaziato oltre mezzo secolo, ha ridefinito i confini della fotografia pubblicitaria, trasformandola in un potente strumento di comunicazione sociale.
L’esordio fotografico
L'amore per la fotografia nasce in famiglia: suo padre, Fedele Toscani, fu il primo fotoreporter del Corriere della Sera e un pioniere del fotogiornalismo italiano. Il giovane Oliviero cresce circondato dal mondo fotografico della Milano del dopoguerra che influenzerà profondamente la sua visione artistica. A soli sei anni riceve la sua prima macchina fotografica, una Ferrania Rondine, e inizia a scattare le prime foto. Durante l'adolescenza, frequenta spesso lo studio del padre, dove apprende i fondamenti tecnici della fotografia e sviluppa una particolare predisposizione per il reportage sociale.
Nel 1961, a 19 anni, decide di proseguire gli studi alla Kunstgewerbeschule di Zurigo, una delle scuole d'arte più prestigiose d'Europa. Il panorama svizzero con cui entra in contatto è rigoroso e formale.
I primi lavori professionali arrivano proprio durante gli anni della formazione. Nel 1965 inizia a collaborare con la rivista Elle e poco dopo con Vogue, entrando nel mondo della fotografia di moda ma già mostrando un approccio non convenzionale.
Per citare un celebre esempio, possiamo ricordare la campagna pubblicitaria del 1973 “chi mi ama mi segua” per Jesus Jeans, che diventa subito uno dei simboli dello stile del fotografo, fuori dagli schemi per superare i tabù sociali.
La rivoluzione con Benetton
La collaborazione tra Oliviero Toscani e Benetton, stipulata nel 1982, ha rappresentato una svolta rivoluzionaria nel mondo della comunicazione pubblicitaria. Per quasi vent'anni, Toscani ha utilizzato le campagne pubblicitarie come una potente piattaforma per sollevare questioni sociali dibattute, complesse e provocatorie, andando ben oltre la tradizionale strategia di marketing.
Il suo pensiero era chiaro e conciso: la pubblicità non doveva solo vendere prodotti, ma anche stimolare la riflessione collettiva su temi cruciali come la diversità, la malattia, la vita e la morte. La celebre serie "United Colors of Benetton" fu il primo grande manifesto di questa visione, mostrando persone di diverse etnie unite tra loro, in un'epoca in cui l'integrazione razziale era ancora un argomento delicato.
Le immagini di Toscani hanno spesso oltrepassato i confini del comfort visivo, provocando reazioni intense ed estremizzate.
La fotografia di un paziente malato di AIDS in fase terminale, quella di un neonato appena nato ancora sporco di sangue e le immagini di condannati a morte negli Stati Uniti hanno sollecitato dibattiti profondi sulla società, sfidando gli spettatori a confrontarsi con realtà scomode e generalmente rimosse dalla visione comune.
La sua filosofia oltre gli schemi
Lo stile di Toscani ha rivoluzionato la comunicazione pubblicitaria, trasformando gli annunci da strumenti di vendita a mezzi di provocazione sociale. Le sue immagini dirette e scioccanti miravano a scardinare le convenzioni, sollevare dibattiti e costringere le persone a confrontarsi con temi scomodi e controversi.
Ogni campagna era un manifesto che andava oltre il consumismo, utilizzando la fotografia come mezzo per stimolare una riflessione critica sulla società. Toscani credeva che la pubblicità potesse essere uno strumento di comunicazione politica e sociale, capace di provocare cambiamenti nella percezione collettiva.
I progetti e i riconoscimenti
Oltre al suo lavoro dirompente con Benetton, Toscani ha costruito una carriera poliedrica nel mondo della comunicazione visiva. Ha collaborato con prestigiose riviste internazionali di moda e brand di rilievo, fondando progetti innovativi come la rivista "Colors" e la scuola di fotografia "Fabrica".
La sua creatività e il suo impatto nel campo della comunicazione sono stati riconosciuti con numerosi premi prestigiosi, tra cui quattro Leone d'Oro al Festival di Cannes, il Premio UNESCO per la comunicazione e diverse lauree honoris causa che testimoniano il suo contributo straordinario nel campo della fotografia e della comunicazione sociale.
Conclusioni
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