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Kill Bill

Kill Bill. Un titolo emblematico, che a distanza di 20 anni dall’uscita del secondo film della saga, nonché l’ultimo, si è ormai consolidato nelle nostre menti come la storia di vendetta per eccellenza. L’irrefrenabile sentimento di vendetta è infatti la motrice di tutta la narrazione, che anima sia i personaggi che ci vengono presentati come dotati di un forte senso morale, come la protagonista, ma anche coloro che compiono gesta che ci appaiono spietate e ingiuste, come il fantomatico Bill e i suoi seguaci.

L’inconfondibile stile violento e al contempo elegante di Tarantino è in grado di inondare i cuori degli spettatori di tutto il rancore che prova la Sposa protagonista, ma ci porta anche ad ammirarla come si fa con gli eroi mitologici, non tanto per le sue tecniche di combattimento straordinarie, ma soprattutto per la sua forza di volontà incommensurabile, che la tiene in vita persino quando viene sepolta viva e si trova costretta a rompere la sua stessa bara a mani nude, dopo mille tentativi disperati. Anche il suo codice d’onore le conferisce una certa eccezionalità: la sua vendetta non è cieca e irrazionale, non vuole trascinare via con sé tutte le persone che si trovano sulla sua strada. È anzi metodica e precisa, in un certo senso intrisa di morale: la Sposa ha ben fissate nella sua mente, oltre che su una lista cartacea, le cinque persone che devono morire, e fa dunque il possibile per lasciare illesi fisicamente e psicologicamente coloro che non le hanno inflitto alcun male.

Perdonatemi lo spoiler, ma c’è una scena in particolare, all’inizio del primo film, che mi ha colpita particolarmente su questo punto, cioè quando fa visita a Vernita Green, la sua seconda vittima. Dopo aver scoperto che quest’ultima ha una figlia piccola, le propone di rimandare lo scontro in un luogo diverso. Non voleva assolutamente danneggiare la psiche della bambina la quale avrebbe dovuto vedere la madre morire davanti ai propri occhi. Ma Vernita le spara a tradimento, mancandola, al che viene trafitta immediatamente. Resasi conto che la bambina ha assistito alla scena dall’atrio della cucina, la Sposa si gira verso di lei e pronuncia queste parole: «Non era mia intenzione farlo davanti a te. E questo mi dispiace. Ma puoi credermi sulla parola… Tua madre se l'è cercata. Quando sarai grande, se la cosa ti brucerà ancora e vorrai vendicarti, io ti aspetterò». In una parola, integrità. Pur tenuta in vita dalla bramosia della vendetta, la donna non permette ad essa di offuscare la sua umanità e il suo senso di responsabilità verso gli altri.

Il sunto è che fra gli spettatori c’è una fortissima tendenza a fare il tifo per lei dall’inizio alla fine. Ciononostante, dopo più di quattro ore passate a sperare nella realizzazione della sua vendetta, ci viene rivelato un elemento chiave che ribalta totalmente la nostra visione dei fatti. Ma non elaborerò oltre, onde evitare di rovinare la sorpresa ai lettori che non l’hanno visto e che eventualmente decideranno di farlo. Perciò, non ci resta che augurarvi buona visione!

 

M. F.

5B Scienze Umane

 

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