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Contestualizzando l'I.A.


A dirla tutta, c'è ben poco di rilevante da dire sull'impiego dell'IA nel lavoro e sul panico che questo ha generato su internet negli ultimi tre anni (una sorta di terrore che, come la maggior parte delle cose, è già stato completamente divorato dall'iperstizione endogena e dall'ironia speculativa) di fronte al continuo massacro di storia, tempo e popoli.

Ciononostante, per affrontare adeguatamente il problema, è innanzitutto necessario sfoltire la nebbia di misticismo da esso emanata e ancorare il discorso ai suoi fondamenti logico-teorici. In primo luogo, l'IA generativa e i LLM si manifestano come nient'altro che una forma di téchne - una téchne (ri)produttiva, per chiarezza. 

Da ciò segue la seconda categoria fondazionale che il discorso sembra aver completamente ignorato: l'IA è un mezzo di produzione e, in quanto tale, si trova sotto il controllo di una determinata classe sociale con determinati interessi. 

Da quando l'IA e le sue immagini sono germogliate (come iperstizione, inizialmente) nell'inconscio collettivo, la sua sostanza è sempre stata chiara, e consequenzialmente anche la sua causa finale: l'espropriazione del lavoro umano e l'automazione dei compiti che svolge. 

Lamentarsi e disperarsi per l'inizio di una nuova fase in un processo antropologicamente strutturale alla storia umana, l’inizio di una fase che un tempo sognavamo, tanto anelata dalla mitologia post-sovietica; è logicamente impossibile opporsi all'Intelligenza Artificiale, se non da una posizione luddista o totalmente idealistica, e prevedere un mondo ancora dominato dalla forza lavoro vivente Nulla di umano raggiungerà il futuro. 

Al contrario, è invece cruciale considerare le forze che direzionano e accelerano questo processo di automazione; forze che, dalla fine degli anni 2010 ad oggi, hanno completamente conquistato l'industria culturale alimentando il discorso a cui questo testo si rivolge, per modellare l'inconscio politico dell'Occidente con continui appelli populisti alle pulsioni micro-fasciste (come ben più approfonditamente osservato da Mathieu Claude-Giroux su Becoming Press, a proposito del populismo NRX dell'era Trump) 

Perché però una considerazione apparentemente ovvia e banale insorge come fondamentale? Semplice: il flusso del discorso raramente è autoconsapevole, e quindi fallisce completamente nel rispondere alla piuttosto diretta domanda etica insita nella relazione mappata in precedenza: la questione degli interessi di classe. 

Dato il contributo piuttosto unico dell'IA nel rimodellamento capitalista della temporalità, non sarebbe troppo azzardato parlare dell'IA come di un mezzo per generare tempo nell'esistenza del soggetto lavoratore-consumatore. I vari allarmismi o tecno-ottimismi neoliberali si basano su una fondamentalmente errata interpretazione degli interessi di classe e del "tempo generato” dall'IA come proprietà (del lavoratore) e non come merce di scambio. 

In definitiva, il processo di automazione, pur non essendo da esso (né da qualunque altra forza non algoritmica) guidato, è assolutamente e inequivocabilmente condizionato dall'interesse di classe della borghesia, e costituisce tutto meno che una proprietà del lavoratore; al contrario, gioca un ruolo cruciale nel ridefinire i sistemi di temporalità (orari di

lavoro, capacità di attenzione, "tempo libero") della sua vita con l'obiettivo di ottimizzare i ritmi di produzione.


M.C., 5B LING.


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